Gli alberi nell’arte inquieta di Edvard Munch: tra simbolo, materia e mistero

Questo articolo prende spunto da un contributo pubblicato nella rubrica L’Altra Montagna, firmato da Luigi Torreggiani e Silvio Lacasella. Un viaggio tra arte e natura che mette al centro la figura di Edvard Munch e il ruolo sorprendente che alberi, foreste e legno hanno avuto nella sua produzione artistica. Una riflessione che ben si inserisce nel nostro impegno per la promozione di una cultura forestale profonda, anche attraverso sguardi inaspettati come quello dell’arte.

Spesso, nella pittura di Edvard Munch, “l’ombra del mistero divora il soggetto”. Ma a farsi spazio tra le figure umane – angosciate, silenziose, profonde – troviamo loro: gli alberi. Presenze forti, a volte silenziose comparse, altre protagonisti assoluti, sempre però essenziali per comprendere il linguaggio interiore del grande artista norvegese.

Durante la recente mostra Il grido interiore a Roma, abbiamo riscoperto l’importanza che la natura – e in particolare il mondo vegetale – ha avuto nell’opera di Munch. Un mondo fatto di tronchi austeri, chiome vaporose, ombre fitte, radici profonde. Che si tratti del maestoso tiglio in Ragazze sul ponte, del pino silvestre in Inverno a Kragerø o degli abeti inquietanti in Vampiro nella foresta, gli alberi nei dipinti di Munch non sono sfondo ma parte viva della scena, simboli potenti della condizione umana.

Non solo. Munch ha saputo dare voce anche al legno come materia: nelle sue xilografie, le venature naturali del supporto ligneo diventano esse stesse espressione artistica. In opere come Verso la foresta, la grana del legno dialoga con l’immagine, intensificandone le emozioni e la profondità simbolica. È come se l’albero, trasformato in superficie d’incisione, continuasse a raccontare qualcosa di sé – della propria vita, della propria storia – attraverso la mano dell’artista.

Nel suo percorso tormentato, costellato da lutti familiari, malattie e inquietudini interiori, Munch ha spesso trovato nella natura – e negli alberi in particolare – un luogo di riflessione e introspezione. “Non dipingo ciò che vedo, ma ciò che ho visto”, diceva. Ogni pianta, ogni ramo, ogni tronco diventano allora metafore visive di stati d’animo: la perdita, la memoria, la rinascita. In Cipresso, ad esempio, l’atmosfera è cupa, notturna, come un eco delle sue esperienze più dolorose.

Tra le sue frasi più celebri, una in particolare ci colpisce: “La natura non è solo tutto ciò che è visibile agli occhi, racchiude anche le immagini interiori dell’anima.” Un pensiero che oggi risuona con forza, ricordandoci quanto alberi, boschi e foreste siano parte integrante non solo del nostro paesaggio fisico, ma anche della nostra interiorità più profonda.

Gli alberi, per Munch, erano creature vive, testimoni del tempo e custodi di emozioni. E il legno – usato come strumento per creare arte – diventava simbolo stesso della vita, con le sue fibre, i suoi nodi, le sue venature che raccontano storie, esattamente come le cicatrici dell’anima.

Attraverso lo sguardo di Munch, ci accorgiamo che arte e natura non sono mai distanti. Anzi, si nutrono a vicenda, si specchiano. E in quel riflesso, forse, possiamo riconoscere anche un pezzo di noi.

Qui l’approfondimento sul tema da L’Altramontagna

Foto Autori EcoDelleForeste 07 Gli alberi nell’arte inquieta di Edvard Munch: tra simbolo, materia e mistero
Alessio Mingoli

Laureato in Comunicazione di Massa, collabora con Eco delle Foreste dal 2019.

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Alessio Mingoli

Laureato in Comunicazione di Massa, collabora con Eco delle Foreste dal 2019.

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