di Ivan Manzo, membro del Segretariato ASviS
Per evitare la diffusione di nuovi virus bisogna puntare sulla qualità del capitale naturale, la deforestazione accelera il salto di specie. L’Agenda 2030 è una risposta alla crisi economica, sociale e ambientale.
Il “lockdown” deciso dai Governi per contenere la diffusione del contagio di Sars-CoV-2 ha confinato tre miliardi di persone tra le mura della propria abitazione. Una misura necessaria, per evitare il tracollo dei sistemi sanitari nazionali e per cercare di tutelare il diritto primario alla salute, che ha però dimostrato come fossimo impreparati a gestire un evento di tale portata.
Eppure la pandemia in atto era prevedibile, la comunità scientifica nel corso degli anni ci aveva avvisato sullo “spillover”, il salto di specie compiuto da un virus che avviene sempre più frequentemente, e sulla stretta relazione che intercorre tra distruzione degli ecosistemi e malattie “zoonotiche” (quelle passate all’uomo dagli animali, si stima siano il 60% delle malattie infettive umane). È evidente che non l’abbiamo ascoltata.
Le connessioni presenti, che emergono sempre con più forza, tra qualità ambientale e salute dei cittadini richiedono soluzioni sistemiche, che non possono prescindere da un nuovo modello di sviluppo basato su un’economia rigenerativa nel rispetto del capitale naturale, fonte indispensabile per la sussistenza del genere umano. Nella costruzione di questa “One health” l’Agenda 2030 rappresenta ancora una volta un faro, un percorso da seguire per rendere il mondo un luogo più giusto, equo e inclusivo.
Come Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), attraverso il rapporto annuale “L’Italia e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile”, abbiamo proposto ai diversi Governi che si sono succeduti l’approvazione di una legge nazionale con l’obiettivo di azzerare il consumo di suolo, reale minaccia ai nostri ecosistemi. Inoltre, a tutela della biodiversità e della salute delle persone, andrebbe ridisegnato il sistema fiscale in modo da orientare il mercato verso produzioni e consumi sostenibili. C’è poi la questione che riguarda la qualità dell’aria: ogni anno nel nostro Paese a causa dell’inquinamento atmosferico perdono la vita oltre 80mila persone, un fatto che impone il ripensamento degli spazi urbani, incentivando sia l’uso di veicoli ecocompatibili e sia l’utilizzo del trasporto pubblico. Secondo il Ministero dell’Ambiente, l’Italia destina oltre 19 miliardi di euro l’anno in sussidi dannosi all’ambiente. La crisi che stiamo vivendo può essere il momento adatto per iniziare a riorientare queste risorse in direzione dello sviluppo sostenibile, non possiamo correre il rischio di ripartire per tornare semplicemente al punto di partenza. Dobbiamo intensificare gli sforzi a sostegno dell’Agenda 2030 e occorre farlo subito. Per evitare di ritrovarci, in un futuro non molto lontano, in una nuova emergenza, e per scongiurare l’intensificarsi degli impatti negativi legati alla perdita di biodiversità e ai cambiamenti climatici.